CHIRURGIA RICOSTRUTTIVA MASCELLARE
Un intervento di chirurgia ricostruttiva a carico delle ossa mascellari si propone di ripristinare la corretta anatomia di queste ossa, compromessa in seguito ad un trauma, un'infezione, un processo degenerativo o a progressivo riassorbimento in sedi di edentulismo. Si tratta di interventi delicati e dal risultato non completamente prevedibile, in quanto entrano in gioco molte variabili che verranno di seguito discusse. L'obiettivo che ci si prefigge solitamente è di rendere il processo alveolare idoneo a ricevere una riabilitazione di tipo implanto-protesico. La procedura consiste in un innesto osseo autologo, cioè prelevato dal paziente stesso, oppure omologo, cioè proveniente da donatori d'organo e conservato nella "banca dell'osso" regionale di riferimento, posizionato nelle sedi interessate dal processo di atrofia. Nel caso dell'osso autologo, il disagio principale per il paziente consisterà nel dolore nella sede del prelievo, che può essere nel cavo orale stesso (mento, regione posteriore della mandibola o del mascellare superiore) o in sede distante (anca, corticale del cranio). L'intervento richiede inoltre più tempo, spesso va eseguito in regime di ricovero. Utilizzando invece osso omologo, i disagi legati al prelievo sono ovviamente assenti; la procedura è inoltre di più breve durata, per cui può essere eseguita il più delle volte in regime ambulatoriale. Si tratta di tessuto osseo che è stato naturalmente sottoposto a tutti i controlli previsti dalla normativa nazionale per escludere la presenza di eventuali malattie infettive trasmissibili e vi sono state eseguite inoltre le procedure atte a garantirne la sicurezza e la qualità. Gli innesti ossei vengono posizionati e fissati con le dovute modalità nella sede ricevente. Dopo circa 4 mesi di attesa l'osso innestato è stato ormai rivascolarizzato, in continuità con la superficie su cui è stato innestato. Possono perciò essere inseriti gli impianti endo-ossei, cui seguiranno le procedure di riabilitazione protesica ad opera dell'Odontoiatra. Molto spesso, si rende necessaria a questo punto un'ulteriore procedura chirurgica (vestiboloplastica) volta al ripristino della gengiva aderente, andata perduta in seguito alla mobilizzazione del muco-periostio all'atto della sutura al di sopra degli innesti.
Complicanza rara, ma temibile per i suoi effetti, di una procedura ricostruttiva è l'infezione dell'osso innestato, in quanto può causare la perdita parziale o completa dell'osso stesso. L'infezione costituisce pertanto la causa principale di insuccesso degli interventi di chirurgia ossea ricostruttiva. Vi sono alcuni fattori che favoriscono decisamente lo sviluppo di infezione, o comunque il riassorbimento dell'osso innestato, tra cui i principali sono: il fumo, che irrita localmente, scalda eccessivamente e compromette lo sviluppo del micro-circolo osseo; il diabete scompensato; l'infezione accidentale dei mezzi di sintesi ossea(viti - placche); la scarsa igiene orale; la presenza di concomitanti infezioni delle alte vie aeree (raffreddore, sinusite); il traumatismo ad opera di protesi rimovibili sulla regione innestata. Nei mesi seguenti l'intervento si verifica sempre una certa quota di riassorbimento osseo. La sua entità è poco prevedibile e può dipendere da fattori locali (pressione esercitata da protesi provvisorie negli edentulismi totali, inserzioni muscolari vicine alla sede innestata sul mascellare inferiore).
Il caso 1 mostra un paziente portatore di atrofia trasversale a carico del processo alveolare mandibolare sinistro edentulo. Questo rende problematico l'inserimento di impianti endo-ossei (prima diapositiva). La seconda diapositiva mostra la procedura di ricostruzione mediante innesto di due blocchi di osso omologo (osso di banca) fissati sulla superficie laterale della cresta alveolare mediante viti. L'immagine post-operatoria mostra l'incremento di diametro trasversale ottenuto. La terza diapositiva riporta le fasi di inserimento degli impianti endo-ossei. La prima immagine, intra-operatoria, mostra gli impianti inseriti entro l'osso innestato, ancora distinguibile dall'osso circostante. L'ultima diapositiva mostra la fase di esposizione degli impianti, tre mesi dopo il loro inserimento. È stata eseguita contestualmente una procedura di vestiboloplastica, cioè di riposizionamento della mucosa circostante gli impianti, allo scopo di incrementare l'altezza della gengiva aderente. Questo garantirà una migliore salute dei tessuti molli (parodonto), limiterà l'accumulo di residui di cibo intorno agli impianti e faciliterà le manovre quotidiane di igiene orale. Le ultime immagini mostrano la riabilitazione protesica definitiva (dr Enrico Carlino).
Il caso 2 presenta un edentulismo mascellare destro, in cui l'altezza e la larghezza del processo alveolare sono conservati, mentre è presente una importante espansione del seno mascellare destro (pneumatizzazione), che rende problematico l'inserimento di impianti endo-ossei nella sede (prima diapositiva). La seconda diapositiva mostra l'innesto di un blocco di osso omologo (di banca) sul pavimento del seno mascellare destro: questo è stato incastrato a pressione, senza pertanto mezzi di fissazione metallici, nel perimetro della finestra ossea creata sulla parete mascellare per avere accesso alla mucosa del seno mascellare. La terza diapositiva mostra l'inserimento di due impianti endo-ossei e la successiva guarigione dei tessuti molli. Si nota una perdita quasi completa della gengiva aderente lungo la cresta alveolare della zona operata. La diapositiva seguente mostra l'esposizione delle teste implantari e la contestuale esecuzione di vestiboloplastica, allo scopo di ripristinare una cera quota di gengiva aderente intorno agli impianti. Le ultime immagini evidenziano i restauri protesici finali (dr M. Santambrogio).
La presentazione 3 mostra una situazione di atrofia verticale della cresta alveolare mandibolare sinistra. La distanza tra la cresta alveolare edentula e i denti antagonisti, indicata dalle frecce (prima diapositiva), è aumentata rispetto alla norma. In questa situazione, i denti di una eventuale riabilitazione protesica avrebbero dimensioni notevolmente superiori alla media. La seconda diapositiva riproduce la procedura chirurgica eseguita: si tratta di un'osteotomia orizzontale della cresta alveolare edentula, con traslazione verso l'alto della porzione ossea mobilizzata ed innesto tra le due superfici ossee di un blocco di osso omologo (interposizione). Il tassello osseo sollevato, che funge da copertura all'innesto, è collegato alla muscolatura e alla mucosa sul versante linguale e questi tessuti molli esercitano una trazione verticale su di esso. L'osso innestato è stato pertanto interposto con una certa pressione e questo incastro ha garantito una buona stabilità al sistema, per cui non è stato necessario alcun mezzo di fissazione (viti o placche). Si può apprezzare l'incremento di altezza ottenuto sia dall'immagine clinica post-operatoria che dalla radiografia; in quest'ultima si distinguono i contorni dell'osso sollevato e dell'innesto interposto (frecce). La terza diapositiva mostra la radiografia eseguita 4 mesi dopo l'intervento: si nota un buon mantenimento dell'incremento osseo ottenuto, non sono più visibili i confini tra osso innestato e osso nativo. L'immagine dell'inserimento degli impiantilascia invece distinguere ancora l'osso innestato dal coperchio osseo soprastante; le due strutture presentavano comunque un'ottima omogeneità dal punto di vista clinico. L'ultima diapositiva mostra la riabilitazione protesica definitiva (dr Enrico Carlino), confrontandola con la situazione iniziale. Si nota come la lunghezza delle corone protesiche sia regolare, con un buon risultato sia funzionale che estetico.
Una modalità di incremento osseo alternativa agli innesti è la distrazione ossea. Questa procedura prevede lo spostamento progressivo di un frammento osseo mediante l'azione di una vite, dopo esecuzione di un'osteotomia che abbia reso mobile il frammento osseo stesso. Lungo il tragitto percorso dal frammento osseo si ha una neo-formazione di osso. Questo fenomeno viene sfruttato appunto per ottenere adeguato volume osseo in sedi dove si desiderino inserire impianti dentari. L'attivazione della vite da distrazione viene praticata dal paziente, agendo con apposita chiavetta, fino al raggiungimento dell'altezza ossea programmata. Il vantaggio di questa procedura è che si evitano le possibili complicanze degli innesti ossei (dolore in sede di prelievo, rischio di infezione e/o riassorbimento dell'osso innestato), a fronte di una procedura chirurgica relativamente veloce e poco traumatica. Va però detto che non sempre le condizioni anatomiche locali permettono l'esecuzione di una procedura di osteo-distrazione; quando questa è possibile, i risultati sono comunque generalmente positivi. L'esempio di una paziente trattata con questa procedura è presentato nel capitolo "OSTEO-DISTRAZIONE" (caso 3), a cui si rimanda.
Si riporta qui un caso di una procedura di osteo-distrazione eseguita a carico di un impianto dentario già presente, allo scopo di migliorare l'aspetto estetico del restauro protesico (caso 4). Si tratta di una paziente di 20 anni che ha subito la perdita in seguito a trauma dell'incisivo centrale superiore sinistro. L'elemento è stato sostituito con un impianto endo-osseo, ma poiché era presente anche una importante perdita ossea verticale, la corona protesica è risultata eccessivamente lunga. Il risultato dal punto di vista morfologico era obiettivamente insoddisfacente (prima diapositiva). È stato progettato e costruito su misura un apparecchio per distrazione ossea, dotato di due viti parallele tra loro che agivano sinergicamente trasportando verticalmente dall'alto al basso il blocco osseo entro cui era inserito l'impianto. La seconda diapositiva mostra questa apparecchiatura (immagini in alto), di seguito la fase intra-operatoria di mobilizzazione del blocco osseo mediante osteotomia e infine il posizionamento dell'apparecchio per distrazione al termine dell'intervento (immagini in basso). La terza diapositiva mostra le immagini radiografiche appena post-operatorie e di seguito l'apparecchio per distrazione all'inizio e alla fine della procedura di distrazione attiva. Si nota l'importante spostamento verso il basso del blocco osseo con l'impianto in esso contenuto. La quarta diapositiva presenta una panoramica del trattamento eseguito: la situazione iniziale, con la perdita ossea presente e il primo restauro protesico sovradimensionato; a seguire la procedura di osteo-distrazione ultimata, con intenzionale iper-correzione verticale dello spostamento osseo, in modo da cautelarsi da una parziale recidiva che sempre si verifica a carico dei tessuti trattati. Infine il manufatto protesico eseguito (dr A. Berti) nella nuova situazione scheletrica, in cui il ripristino della corretta dimensione verticale ha permesso una riabilitazione senz'altro soddisfacente dal lato sia funzionale che estetico.