PATOLOGIA DISFUNZIONALE TEMPORO-MANDIBOLARE

La chirurgia dell'articolazione temporo-mandibolare (ATM) si propone di curare la patologia di questa articolazione (sindrome algico-disfunzionale), che classicamente si manifesta con la triade di sintomi: Dolore - Rumori - Limitazioni funzionali. Possono inoltre manifestarsi altri sintomi di accompagnamento, quali: cefalea, contratture muscolari dolorose, dolori contemporanei ad altre articolazioni, dolori facciali con varie localizzazioni e irradiazioni. La patologia articolare è inquadrabile nel vasto capitolo delle artriti / artrosi, può presentarsi perciò nel contesto di una patologia articolare con più localizzazioni. Inoltre, varie componenti contribuiscono all'insorgenza ed al mantenimento di questa patologia, quali: malocclusioni dentarie, compromissioni dell'occlusione (mancanza di elementi dentari), parafunzioni (cioè serramento dei denti, specialmente di notte), traumi acuti (traumi meccanici diretti sul mento, apertura forzata della bocca) o cronici (lunghe sedute odontoiatriche), stress nervoso (l'ATM è una tipica sede di somatizzazione di patologia da stress), malattie sistemiche (artrite reumatoide, psoriasi, malattie autoimmuni in genere). Il dolore articolare insorge per motivi di natura meccanica (compressione della porzione posteriore del disco articolare, che è molto innervata) e/o chimica (accumulo intra-articolare di sostanze chimiche mediatrici del dolore e dell'infiammazione). Le limitazioni funzionali (difficoltà nei movimenti) sono dovute al dolore provocato dall'utilizzo dell'articolazione dolorante. I rumori articolari (scatti, scrosci) sono dovuti a mancata coordinazione tra la testa articolare (condilo mandibolare) e il disco articolare, ove quest'ultimo si muove talvolta troppo (lussazione discale), talvolta troppo poco (blocco discale). Le terapie proposte in letteratura si propongono di agire su tutte le manifestazioni descritte. Va chiarito comunque che, proprio poiché la patologia dell'ATM è variegata nelle sue manifestazioni, con sintomatologia mutevole, con intensità e modalità di insorgenza diverse da paziente a paziente e in più con una componente psico-emotiva variamente importante, non sempre è possibile risolvere completamente e definitivamente la sintomatologia. Più realisticamente, l'obbiettivo che ci si propone è di raggiungere una condizione clinica accettabile, che non interferisca con le attività quotidiane (riposo, alimentazione, lavoro, vita familiare) e perciò compatibile con una normale vita di relazione. Ciò non toglie che in alcuni casi si arrivi ad una riabilitazione completa del paziente, così come altre volte purtroppo la sintomatologia si riveli del tutto ribelle a qualsiasi soluzione terapeutica. La chirurgia dell'ATM è riservata ai casi che non hanno tratto giovamento dalle terapie mediche, quali: la fisioterapia, la terapia con placche occlusali (bite), i farmaci anti-infiammatori e/o mio-rilassanti, i trattamenti odontoiatrici ortodontici e/o protesici ove indicati.

Sono utilizzate oggi diverse tecniche chirurgiche per il trattamento della disfunzione temporo-mandibolare. Vengono illustrate alcune di queste, unitamente a casi clinici.

ARTROCENTESI presentazione 1
ARTROCENTESI presentazione 1

 1. Artrocentesi (presentazione 1)

 Si tratta del lavaggio del comparto superiore articolare con soluzione fisiologica sterile (acqua), previa anestesia locale, tramite due aghi da infusione inseriti nell'articolazione attraverso la cute, creando così un circuito continuo di lavaggio (da un ago si inietta la soluzione fisiologica, dall'altro esce)1,2. La procedura si propone di restituire al disco articolare la normale mobilità iniettando soluzione fisiologica tra il tetto della cavità articolare e il disco stesso.

La presentazione 1 illustra innanzi tutto la principale indicazione della procedura: il trattamento del blocco articolare acuto (closed-lock), cioè l'impossibilità ad aprire la bocca a causa appunto di un impedimento di ordine meccanico e del dolore che il tentativo di apertura comporta (diapositiva 1). Il blocco articolare sarebbe cioè dovuto allo schiacciamento del disco articolare contro il tetto della cavità articolare stessa, a causa solitamente della compressione meccanica esercitata serrando con forza i denti per lungo tempo. Questo crea un vuoto pneumatico tra disco e tetto della cavità, con conseguente "effetto ventosa": il disco non si muove da questa posizione, proprio come una ventosa premuta contro un vetro; ogni tentativo di apertura della bocca mette inutilmente in trazione i legamenti del disco, generando dolore, per cui il paziente diventa vittima di questo circolo vizioso serramento-compressione-dolore. L'iniezione di soluzione fisiologica tra disco e tetto della cavità è sufficiente a vincere questo blocco, come illustrato nella diapositiva 2. Viene pertanto inserito un primo ago nella cavità articolare, che è poi collegato ad un flacone di soluzione fisiologica; viene quindi inserito un secondo ago tramite il quale si crea un circuito di lavaggio vero e proprio della cavità articolare, per cui l'acqua fuoriesce da questo secondo ago. La diapositiva 3 mostra la posizione in cui vanno inseriti gli aghi di lavaggio; la 4 permette di apprezzare la vivacità con cui l'acqua di lavaggio fuoriesce dal secondo ago. Durante la procedura il paziente è invitato ad eseguire ampi movimenti di apertura e lateralità della mandibola. Inoltre, il lavaggio con abbondanti quantitativi di soluzione fisiologica (500 ml) diluisce il contenuto del fluido articolare (liquido sinoviale), abbassando drasticamente la concentrazione delle sostanze responsabili del dolore e dell'infiammazione3. In questo modo si rimuove un'importante causa di dolore (mediatori chimici intra-articolari), si migliora la funzione articolare (grazie al ripristino dei movimenti del disco) e si riducono i rumori da interferenza discale. I giorni seguenti la procedura è importante portare la placca occlusale (bite) che contribuisce a mettere a riposo l'articolazione, assumere una dieta morbida ed eseguire gli esercizi di fisioterapia consigliati dal medico (diapositiva 5). È una procedura rapida, eseguibile ambulatorialmente, senza rischi di effetti collaterali dovuti a farmaci, poiché si utilizza solo soluzione fisiologica sterile, oltre alla somministrazione di anestesia locale nella sede di iniezione. Presenta una buona percentuale di successi, specialmente per quanto riguarda l'apertura della bocca e i rumori articolari, in particolare nelle patologie presenti da non troppo tempo (diapositiva 6). Inoltre, può essere ripetuta nel corso degli anni, per cui rappresenta non di rado la terapia di scelta per molte persone che vi si possono sottoporre anche più volte, in occasione del riacutizzarsi della patologia articolare. Per questi motivi, l'artrocentesi è oggi spesso eseguita come procedura di primo livello nei pazienti affetti da disfunzione articolare che non rispondano alle terapie mediche tradizionali (diapositiva 7)

ARTROTOMIE presentazione 2
ARTROTOMIE presentazione 2

2. Artrotomie (presentazione 2)

 Si intendono per artrotomie gli interventi di chirurgia aperta dell'articolazione temporo-mandibolare, che prevedono cioè l'esposizione dell'articolazione tramite un'incisione davanti al padiglione auricolare. Le strutture articolari (testa articolare, cavità articolare, disco, legamenti) vengono poi sottoposte a procedure chirurgiche volte al ripristino della corretta funzione e al controllo definitivo della sintomatologia dolorosa.

La presentazione 2 illustra le caratteristiche di queste procedure chirurgiche; va innanzi tutto ricordato che proprio questo tipo di intervento è stato il primo in odine di tempo ad essere impiegato per la risoluzione del dolore articolare disfunzionale (diapositiva 1): già negli anni settanta dello scorso secolo si era ricorsi al riposizionamento chirurgico del disco articolare o alla sua rimozione allo scopo di ripristinare la corretta funzione articolare4. La diapositiva 2 illustra le sequenze di esposizione chirurgica delle strutture intra-articolari. Nel corso degli anni sono state proposte diverse modalità di trattamento della disfunzione temporomandibolare5-7, descritte nella diapositiva 3 e mostrate clinicamente nella diapositiva 4. Una tipologia di intervento che opera una sintesi di quelli descritti in precedenza e oggi spesso seguita è quella proposta da F. Dolwick8, che consiste nella riduzione dello spessore sia della superficie ossea che del disco, in modo da incrementare lo spazio intra-articolare (diapositiva 5). In questo modo, la compressione esercitata dalla testa condilare sulla porzione posteriore del disco e sul suo legamento posteriore, che sono le strutture sensibili al dolore, viene eliminata. Il risultato di questo intervento è generalmente positivo nel breve periodo, portando ad una diminuzione del dolore, dei rumori articolari e ad un miglioramento dell'apertura della bocca, come descritto nella diapositiva 6. Dopo alcuni mesi/anni la sintomatologia può tuttavia in parte recidivare, in quanto l'apertura della bocca può essere nuovamente limitata a causa della trazione da parte delle cicatrici formatesi e inoltre i rumori e il dolore possono ripresentarsi in una certa misura.  

 3. Osteotomia verticale del ramo mandibolare (presentazione 3)

OSTEOTOMIA VERTICALE presentazione 3
OSTEOTOMIA VERTICALE presentazione 3

Le tecniche di osteotomia del ramo mandibolare si propongono di spostare verso il basso e in avanti il condilo articolare, in modo da aumentare lo spazio intra-articolare ed eliminare così la pressione esercitata dal condilo stesso sulla porzione posteriore del disco articolare e sul suo legamento posteriore. Queste sono infatti le componenti articolari innervate e perciò sensibili al dolore, per cui in questo modo viene rimossa la principale causa di dolore articolare. Per questo motivo si parla anche di artroplastica (o artrotomia) indiretta, in quanto si ottiene lo stesso risultato appunto dell'artrotomia (aumento dello spazio intra-articolare) non rimuovendo il disco e/o limando la testa condilare, ma spostando verso il basso e in avanti il ramo mandibolare, cioè agendo a distanza in maniera indiretta. La tecnica originale consisteva in una semplice sezione bassa del condilo (condilotomia)10; in seguito è stata convertita in osteotomia verticale, cioè con sezione lungo tutta l'estensione verticale del ramo mandibolare, in modo da ottenere una maggiore superficie di contatto tra i capi ossei9,11-14.

Le diapositive 1-4 della presentazione illustrano la tecnica descritta e ne sottolineano le caratteristiche: esiste innanzi tutto una abbondante letteratura scientifica che ne documenta la validità clinica (diapositiva 1). L'intervento viene eseguito interamente dalla bocca, pertanto non ci saranno cicatrici esterne (diapositiva 2). Il ramo mandibolare dovrà poi abbassarsi per incrementare lo spazio intra-articolare; conseguenza immediatamente visibile di questo sarà la formazione di un gradino sul margine inferiore della mandibola (diapositiva 3). Le arcate andranno poi poste in blocco intermascellare per stabilizzare l'occlusione (diapositiva 4). Si procede quindi con il trattamento che si riserva solitamente alle fratture di condilo, cioè dopo un blocco intermascellare di breve durata (10-15 giorni circa) si mobilizza l'articolazione e si inizia la terapia riabilitativa, cioè con trazioni elastiche intermascellari postero-anteriori (di II classe) che si usano solitamente per le fratture condilari. È questa una fase molto importante dell'intero trattamento, poiché la guida della funzione muscolare mediante elastici intermascellari garantisce il mantenimento della corretta occlusione del paziente. Se questo non avvenisse, ad esempio in seguito ad una carente collaborazione da parte del paziente, il condilo mandibolare tenderebbe a ritornare spontaneamente nella posizione originaria, con conseguente perpetuarsi della compressione articolare e perciò della sintomatologia dolorosa. Si avrebbe inoltre una perdita dell'occlusione abituale del paziente, con sviluppo di malocclusione di II classe da retro-posizionamento mandibolare. Il pregio principale di questa tecnica è di essere extra-articolare, cioè viene eseguita dalla bocca, senza violare lo spazio articolare, con il vantaggio di evitare le potenziali complicanze già descritte di lesione del nervo facciale ed il verificarsi di esiti cicatriziali intra-articolari che possono in seguito limitare i movimenti articolari (diapositiva 5). La risoluzione della sintomatologia dolorosa con questo intervento è molto frequente, proprio perché si agisce direttamente sui fenomeni di compressione che sono causa del dolore stesso. Sono positivi anche i risultati circa la riduzione dei rumori articolari ed il miglioramento della mobilità (diapositiva 6). Tra le possibili complicanze della tecnica è da citare la compromissione della sensibilità del labbro inferiore e/o del mento a causa di lesione del nervo alveolare mandibolare. Si tratta di un'eventualità poco probabile, ma tuttavia possibile. Va ricordato inoltre che, in caso di insufficiente collaborazione da parte del paziente nel portare gli elastici di guida nel periodo post-operatorio, si può verificare una perdita dell'occlusione originaria e soprattutto una persistenza o recidiva della sintomatologia dolorosa. Le diapositive 7-11 della presentazione mostrano un caso clinico trattato con la tecnica descritta. Si tratta di una paziente affetta da blocco articolare (closed-lock) sinistro, venuta all'osservazione con dolore che in una scala di visualizzazione analogica (V.A.S.) da 1 a 10 essa riferiva essere pari a 10 durante la masticazione; le immagini alla Risonanza Magnetica mostravano una lussazione bilaterale dei dischi articolari senza riduzione in apertura (diapositiva 7). È stata eseguita artrocentesi, senza risultato clinico apprezzabile. La Tomografia Computerizzata evidenziava che il condilo mandibolare sinistro si trovava in posizione eccentrica nella fossa articolare, dislocato cioè postero-superiormente. Questo causava compressione della porzione posteriore del disco e del suo legamento posteriore, giustificando il dolore che la paziente riferiva. Veniva posta pertanto indicazione ad osteotomia verticale del ramo mandibolare sinistro con traslazione di questo verso il basso e anteriormente, allo scopo di togliere appunto la compressione intra-articolare responsabile della sintomatologia (diapositiva 8). La diapositiva 9 illustra la procedura e l'immagine radiografica post-operatoria, dove si apprezza l'incremento dello spazio articolare ottenuto e il gradino che si è venuto a formare sul margine inferiore mandibolare in seguito allo spostamento descritto. È seguita quindi la fase di riabilitazione funzionale mediante elastici intermascellari (diapositiva 10), con conseguente remissione della sintomatologia dolorosa e ripristino completo della corretta funzione articolare, cioè dei movimenti mandibolari (diapositiva 11). 

BIBLIOGRAFIA

  1. Nitzan DW, Dolwick MF, Martinez GA: Temporomandibular joint arthrocentesis: a simplified treatment for severe, limited mouth opening. J Oral Maxillofac Surg 1991; 49:1163-1167.
  2. Nitzan DW: Arthrocentesis for management of severe closed lock of the temporomandibular joint. Oral and Maxillofac Surg Clin North Am 1994; 6:245-257 
  3. Kaneyama K, Segami N, Sato aj, Fujimura K, Nagao T and Yoshimura H: Prognostic factors in arthrocentesis of the temporomandibular joint: comparison of bradykinin, leukotriene B4, prostaglandin E2 and substance P level in synovial fluid between successful and unsuccessful cases. J Oral Maxillofac Surg 2007; 65:242-247.
  4. McCarthy WL, Farrar WB: Surgery for internal derangements of the temporomandibular joint. J Prosthet Dent 42:191; 1979

  5. Walker RV, Kalamchi S: A surgical technique for management of internal derangement of the temporomandibular joint. J Oral Maxillofac Surg 45: 299-305; 1987.
  6. Trumpy IG and Lyberg T: Surgical treatment of internal derangement of the temporomandibular joint: long term evaluation of three techniques. J Oral Maxillofac Surg 53: 740-746; 1995.
  7. Hall HD, Indresano AT, Kirk WS and Dietrich MS: Prospective multicentre comparison of 4 temporomandibular joint operations. J Oral Maxillofac Surg 63: 1174-1179; 2005.

  8. Dolwick MF: Disc preservation surgery for the treatment of internal derangements of temporomandibular joint. J Oral Maxillofac Surgery 59: 1047-1050; 2001.
  9. Hall HD, Chase DC, Paylor LG: Evaluation and refinement of the intraoral vertical subcondylar osteotomy. J Oral Surg 33: 333; 1975.
  10. Nickerson JW Jr, Veaco NS: Condilotomy in surgery of the temporomandibular joint. In Oral Maxillofac Surg Clin North Am 1:303; 1989.
  11. Bell WH, Yamaguchi Y, Poor MR: Treatment of temporomandibular joint disfunction by intraoral vertical ramus osteotomy. Int J Adult Orthodon Orthognath Surg 5:9; 1990.
  12. Hall HD, Nickerson JW Jr and McKenna SJ: Modified condilotomy for treatment of the painful temporomandibulr joint with a reducing disc. J Oral Maxillofac Surg 51: 133-142; 1993
  13. Hall HD: Modification of the modified condilotomy . J Oral Maxillofac Surg 54: 548-551; 1996. 
  14. Hall HD and Werther JR: Results of reoperation after failed condilotomy . J Oral Maxillofac Surg 55: 1250-1253; 1997.